Dev'essere la prima volta - e probabilmente sarà l'ultima - che questo risvolto pirata elogia un libro più di quanto faccia il risvolto ufficiale. Tanto più trattandosi di un libro Feltrinelli, casa editrice che con le euforiche assurdità delle sue bandelle - vedi Benni, vedi Tabucchi - ha inaugurato il genere letterario della fantascienza comica. Ma che stranamente, nell'illustrare La Panzanella dell'esordiente Giulia Villoresi (premio Vittorini per l'opera prima), adotta uno stile sobrio, misurato, perfino omissivo. Non dice, per esempio, che questo diario di una ragazzina sovrappeso proiettata verso la triste magrezza della maturità ha poco a che fare con la pinguedine morale di Bridget Jones; e molto con la forbita ferocia di Adrian Mole e col cinismo romantico di Barney Panofsky - ossia col meglio del periplo ombelicale elevato a letteratura. Non dice, altro esempio, che la protagonista di questo fantastico romanzo di de-formazione (il cui nome, Carlotta Cordelli, evoca quello della mai abbastanza celebrata assassina di Marat) è così divertente, profonda, antipatica e struggente da entrare a buon diritto nella ristrettissima cerchia dei personaggi di romanzo che piacerebbe avere come amici; e in quella, ancor più ristretta, degli eroi d'inchiostro con cui ci si identifica a dispetto delle differenze di età e di sesso, tant'è universale e contagiosa la loro questua esistenziale nei gironi dell'anima. Né dice che le nostre università non devono poi essere in condizioni tanto pietose, se dalle loro aule escono ragazzi che sanno scrivere come la venticinquenne Villoresi, con la resa semplice e inesorabile che ha la nostra lingua quand'è maneggiata da chi la conosca come un corpo amato; e che l'autrice Giulia e il suo io siamese Carlotta sono chiaramente un genio, capace di concatenazioni mentali e dialettiche così efficaci da rendere quasi tridimensionali le emozioni che descrivono. Così come non dice che La Panzanella - o Della stanchezza di adoperarsi, per fare sottotitolo di un'impeccabile chiosa disseminata nel testo - dimostra che non sempre l'interiorità degli adolescenti ha lo spessore di un Ipod; e che tra i nostri ventenni ce n'è almeno una che, se proprio deve ispirarsi all'oltretombale, preferisce Ossian a Stephenie Meyer.
No, tutto questo il risvolto ufficiale non lo dice. Eppure sarebbe bastata una semplice frase di Carlotta, per dire perfino di più: "Come fa la vita a essere così bella, senza motivo?"
Articolo di Sergio Claudio Perroni del 10 luglio 2010 per Libero