Caro lettore, sulla copertina del libro che hai in mano – Sei così mia quando dormi, di Anna Kanakis (Marsilio) – trovi una fascetta che recita: “Due edizioni in un giorno”. È chiaramente una sciocchezza, l’ultimo e più grottesco rilancio in una partita tra editori che pensano di imbonire il pubblico chiamando pomposamente “edizioni” quelle che sono semplici ristampe; e sbandierando numeri che non hanno alcun significato, giacchéper dover fare una seconda o terza o ennesima ristampa basta aver lesinato sulla precedente tirando poche copie. Questa coccarda, dunque, lungi dal testimoniare di per sé il favore del pubblico, rischia semmai di allontanarlo come tutte le furbate maldestre.
Come se non bastasse, questo povero libro ha un altro handicap: è scritto da un’attrice. Per giunta bella. È quindi naturale, caro lettore, che tu a questo punto sia tentato di rimetterlo sullo scaffale da cui l’hai preso, con un sorriso di sufficienza per un mondo editoriale che sembra ormai la versione cartacea dell’Isola dei famosi, popolato com’è, più che da scrittori, da registi, magistrati, figli di delinquenti e di vittime di delinquenti. Ma faresti uno sbaglio, caro lettore, perché Sei così mia quando dormi è un libro quasi bello come il suo titolo. E altrettanto poetico, visto che ripercorre gli ultimi anni di George Sand, grande scrittrice e peccatrice, ben narrati e mal vissuti dall’ultimo dei suoi cento amanti, il modesto incisore Alexandre Manceau.
L’autrice presta al giovane Alexandre le parole per un dialogo fremente con la donna amata, che a sua volta ha troppo amato per potergli dedicare un sentimento altrettanto intenso. E così Alexandre, che è cagionevole d’animo e di salute (morrà di tisi nelle ultime pagine, sciogliendo il dilemma di George se continuare a vivere con lui o abbandonarlo per soddisfare l’odioso figlio Maurice), si tormenta in un continuo confronto coi ben più celebri amici e amanti della Sand – Mérimee, Balzac, Dumas, De Musset, Chopin… – macerandosi nella più stolta e irriducibile delle gelosie, quella retrospettiva.
Ed è proprio questo inebriante pantheon di figure storiche (oltre a qualche orrendo svarione – tipo il veltroniano “riavviare” i capelli) a far incespicare qua e là l’autrice, inducendola a didascalismi che stonano in un dialogo tra persone che sanno già tutto delle rispettive vite. Ma sono debolezze ripagate dal fulgore di certi tocchi, come il “due dottori sono davanti a me, e mi guardano con una nera diagnosi negli occhi” con cui Maurice scopre l’approssimarsi della fine. Un’immagine che sarebbe piaciuta a George Sand.
Articolo di Sergio Claudio Perroni del 26 giugno 2010 per Libero