Mistero. Perché un uomo di indubbia e feroce intelligenza come Massimo Gramellini si presta a pubblicare una cosa stupida e stucchevole come L'ultima riga delle favole (Longanesi)? Per che, non per chi. Il per chi è chiaro: questa furbata editoriale mira alle lettrici che si lasciano catturare dai cuoricini in copertina (qui il cuoricino è addirittura in gabbia, trionfo di iconografia lial-moccesca) e si fanno illudere da slogan quali "imparare ad amare e a essere amati" (titolo di un ardito corso di Pilates per l'anima? No, sobrio strillo sulla fascetta del volume). Lettrici che sono destinate alla delusione, visto che anche qui, come in tutti i libri che fanno troppo vanto di missione sentimentale, il percorso di in-formazione amorosa è solo un maldestro alibi per rabberciare col filo della noia una trama ritrita: maschio-refrattario-ai-legami-scopre-suo-malgrado-le-delizie-della-passione-autentica. Di suo, lo pseudo-Gramellini si limita ad aggiungere amenità che persino Sorrentino troverebbe loffie ("confondeva Volta con Voltaire e pensava che l'Illuminismo prendesse il nome dall'invenzione della lampadina"); e vapidezze sapienziali da Coelho in una stanza ("se tu imparassi a guardare la bellezza che ti sta intorno, la troveresti anche dentro di te"); e un mondo incantato le cui trovate vetero-avveniristiche farebbero colpo sì e no su un seienne di fine Ottocento: Vasca dell'Io, Voce che Parla Dentro, Tappeto dei Desideri, Massaggiatrici d'Anime… Forse fan parte di quest'arsenale fiabesco anche gli strani pennuti scrivani che scorgiamo dietro il ripetersi della formula "grafia da gallina"; ma è più probabile siano frutto della sciatteria linguistica che pervade le pagine - altra stranezza per essere Gramellini - disseminandovi finestre trapuntate di stelle e disturbi anatomici quali ginocchia che si flettono e mani che hanno all'estremità qualcuno.
Tornando al movente, l'unica spiegazione è che lo pseudoGramellini abbia scommesso con qualcuno di esser capace anche lui di far quattrini a colpi di banalità pineali come "nulla è per sempre, fuorché il nulla" e "solo chi libera la passione troverà la giusta grotta". In tal caso ha vinto, giacché in un mese il suo "romanzo" ha venduto centomila copie. Però faccia un favore al Gramellini vero, l'uomo retto dalla penna sferzante: cancelli dalle prossime ristampe la dedica "A Mario Spagnol (1930-1999), che se l'aspettava". Perché Spagnol era un editore di buon gusto e ottime letture, e, se davvero si fosse aspettato da Gramellini una roba del genere, sarebbe morto anche per non doverla pubblicare.
Articolo di Sergio Claudio Perroni del 24 luglio 2010 per Libero