Stefano Benni, dalla risata al ridicolo

 

Caro lettore, io sono il risvolto ufficioso di Pane e tempesta di Stefano Benni. L’editore mi ha scartato perché non gli sembravo abbastanza invogliante; ma poi, vista la noia barbiturica di questo “romanzo di sfrenata comicità” (definizione in cui l’unica parola non mendace è “di”), ha ritenuto più prudente sostituirmi con un mero elenco delle “creature indimenticabili” inventate da Benni per l’occasione: “Trincone Carogna, Archimede detto Archivio, Frida Fon, lo gnomo Kinotto, Bingo Caccola…” e così via, per 11 righe su 15. Caro lettore, presumendo che tu abbia più di otto anni: ti fanno ridere questi nomignoli? Trovi umoristici rutti, peti, cacche e altre amenità da regressione infantile? Ti fanno sbellicare giocherelli di parole come “Sangue e amarena” o freddure tipo “cameriera topless in un night per ciechi”? Se la risposta è sì, questa è la lettura ideale per te. Se è no, risparmia i 16 euro del libro e approfitta di me che sto per raccontartelo in perfetto stile Benni, così potrai ben figurare in società fingendo di averlo letto.
Avvertenza: trattandosi di uno scritto alla maniera di Benni, si è reso indispensabile indicare in parentesi dove ridere e perché.
Troppo bollito per riuscire a imitare se stesso quando ancora faceva ridere, lo scrittore Bennivendolo (nome storpiato! ah ah ah) cerca di imitare il collega Spennac (nome storpiato! ah ah ah) nel tentativo di ritrovare l’avena poetico-comica (gioco di parole a sfondo pastorale! ah ah ah + lacrimuccia per com’era bella la società contadina). Anziché dimettersi da scrittore e aprire una ditta di Import-Escort (allusione beffarda all’attualità politica! ah ah ah), Bennivendolo sforna una ventina di favolette a base di moralismi alla spina, onomastica compulsiva e umorismo stile De Sica/Tim. Poi cerca di mantecarle con un racconticchio rabberciato, per il quale la coazione a ri-petere (doppio senso cacolalico! ah ah ah), ovvero la sindrome Cugini di Campagna che affligge chi non ha più uno straccio di idea e continua a riproporre la sua unica hit, lo spinge a riesumare per l’ennesima volta l’ormai putrefatto “Bar Sport”, protagonista eponimo del suocapolavoro comico di 30 anni fa. Morale della favola… Benni, bidi, bici (nonsense con riferimento alto! ah ah ah).
(NB Le patetiche gag linguistiche adottate in questa parodia sono 6 volte meglio – dati Nielsen alla mano – di quelle contenute nell’originale. Figuratevi un po’.)

Articolo di Sergio Claudio Perroni del 27 febbraio 2010 per Libero

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