Si diletta di poesia, con risultati che egli stesso giudica orripilanti. Di identico parere sono i vari editori cui instancabilmente si propone. Con la differenza che loro, per rifiutare i suoi versi, impiegano aggettivi più riguardosi: perlopiù variazioni su metafora rurale, con netta prevalenza di “acerbi”.
Ma durante le vacanze ha avuto una rivelazione, e adesso si sente prossimo a maturare.
In spiaggia s’è trovato per le mani La voce a te dovuta di Pedro Salinas, abbandonato sulla sdraio da una vicina d’ombrellone assentatasi in cerca del mefitico figlio cinquenne. Salinas, chi era costui? Un genio – la risposta l’ha colta già nel pugno di versi stampato in copertina, sul bianco abbacinante degli Einaudi Poesia (“E sto abbracciato a te | senza chiederti nulla, per timore | che non sia vero | che tu vivi e mi ami. | E sto abbracciato a te | senza guardare e senza toccarti. | Non debba mai scoprire | con domande, con carezze, | quella solitudine immensa | d’amarti solo io.”); e avvalorata poco più in là (“Per vivere non voglio | isole, palazzi, torri. | Che altissima allegria: vivere nei pronomi! || Getta via i vestiti, | i connotati, i ritratti; | non ti voglio così, | travestita da altra, | figlia sempre di qualcosa. | Ti voglio libera, pura | irriducibile: tu. | Quando ti chiamerò, so bene, | fra tutte le genti | del mondo, | solo tu sarai tu.” ); e ribadita pagina dopo pagina, fino all’ultima ch’è riuscito a scroccare prima del ritorno della vicina (doppiamente infausto, giacché con moccioso urlante al seguito): “I baci che tu mi dài | sono sempre redenzioni: | tu baci verso l’alto, | e qualcosa di me porti a luce, | costretto prima | nel fondo oscuro.”
Quella sera stessa, folgorato da tanta armonia poetica, ha buttato giù qualche verso dei suoi; e gli è parso meno orripilante dei soliti, sicuramente più musicale, forse addirittura meno insulso. Da qui la rivelazione: leggere ottima poesia aiuta a produrre buona poesia; con corollario personalizzato: il poeta ottimo arricchisce quello da strapazzo.
Al rientro in città, dunque, si precipita in libreria a cercare un Salinas; e, non trovandone, a ordinarlo. La libraia gli annuncia dieci giorni di attesa. Troppi: ha urgenza di leggere ottima poesia, per poter farne almeno di mediocre. Adocchia un’antologia: Poesia 2002-2003. In due anni di poeti, qualcuno abbastanza bravo da contagiarlo ci sarà pure!
Comincia con Giorgio Manacorda – impossibile fare altrimenti: l’antologia è curata da lui, allegato al volume c’è un poema composto da lui, fra le schede critiche ce n’è una dedicata a un libro scritto da lui (anonima, quindi potenzialmente redatta da lui). L’editore no, l’editore sembra esser l’unica cosa esente da Giorgio Manacorda – anche se non è escluso che Castelvecchi sia un suo pseudonimo.
Gli sembra di ricordare un Giorgio Manacorda pure a Sanremo, nella giuria di Famiglia Cristiana, qualche festival fa – ma non sarà la stessa persona. “Se scrivo questi versi è per amarti, | se scrivo questo libro è per violarti, | se ti scrivo è per vivere la morte…” Invece sì, dev’essere proprio la stessa persona. “Scherzo, lo sai, io scherzo per tentare | di sfuggire ai miei turpi sotterranei, | a te ignoti altri mondi di liquami, | muffe, umidità, muco, fetori | dolciastri di cadaveri o di terra, | caverne, corridoi, camminamenti, | ferite, fango, piccole abrasioni, | morsi di insetti, topi, tagli, ragni…”
Sfoglia ancora il poema manacordiano – dall’avveniristico titolo “Scrivo per te, mia amata” – in cerca di qualcosa dalla struttura meno diroccata, che non sembri brutta prosa aggravata da a capo sbarazzini. “…un luogo d’acque ferme, nero d’alghe, | corrusco di cadaveri di pesci. || Eravamo agli scogli della coda | dell’isola balena…” Cos’è, la fiera del genitivo? E che c’entrerà mai “corrusco”, col nero e i cadaveri?
Ci ripensa: meglio aspettare Salinas. Così com’è, almeno, sa di essere un poeta acerbo; dovesse scrivere sotto i fumi di Manacorda, rischierebbe la retrocessione a seminale.
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Antologia,
poi dilaga Manacorda:
autologia.
Articolo di Sergio Claudio Perroni da Il Foglio del 30 agosto 2003