“Il tuo vicino spara alla moglie e ai figli per follia, per stanchezza… Il figlio del portiere è morto di Aids chi l’avrebbe detto. La fruttivendola ha un segreto inconfessabile eppure ti sorride insieme all’indivia e al prezzemolo. Il tuo capoufficio deve fare tagli al personale, ma anche lui non se la passa troppo bene… la moglie lo tradisce, con l’idraulico, col meccanico o col medico dentista… chissà… non fa troppa differenza in quella particolare Apocalisse.”
Già una certa debolezza nella punteggiatura, unita alla stramba idea che l’indivia e il prezzemolo possano sorridere, denuncia la vera natura del brano che avete appena letto. Nonostante l’apparenza, infatti, si tratta di poesia, non di prosa. Per la precisione: poesia di Marcello Fois, già acclamato autore di bei romanzi. Per maggior precisione: se sventagliate un a-capo ogni tanto, avrete l’incipit del “poemetto” che Fois dedica a T. S. Eliot nella raccolta L’ultima volta che sono rinato, edita da Einaudi. Quindi non solo di poesia si tratta, ma addirittura di poesia al quadrato: per soggetto e per oggetto, in proprio e per procura.
E poesia al quadrato vorrebbero essere anche gli altri cinque omaggi che completano la raccolta, dedicati rispettivamente a Esenin, Delfini, Nouveau, Atzeni e Whitman. Tutti poeti tranne Atzeni. Tutti morti compreso Atzeni. Quasi tutti, dunque, parte in causa, ma tutti nell’impossibilità di esprimere il proprio parere circa il non richiesto omaggio di Fois.
Di Whitman, a dire il vero, non siamo proprio sicuri al cento per cento. Perché in realtà sia il risvolto sia il testo fanno riferimento, ripetutamente ed esclusivamente, a un altro signore, tal “Withman”, con l’acca al centro: “Walt Withman che hai tanto amato”, “Walt Withman che hai mangiato”, “A W. Withman”… Ciò non toglie che lo stile di questo sconosciuto, almeno a giudicare dal calco che ne fa Fois, ricordi in maniera impressionante quello dell’assai più noto e quasi omonimo autore di Foglie d’erba: “Ora scrivo, di notte, con la vita che mi dorme accanto. | Loro dormono e io veglio. | Loro vivi, io morto. | Ma scrivo colmo di ottimismo e stima di me stesso, vecchio, invalido: | da morto posso scrivere d’esser vivo.”
La cosa buffa è che a Fois la mimesi migliore (anzi, diciamo pure l’unica decente, dato che le altre arrivano appena a riprodurre stilemi e tic degli originali) riesce proprio su un autore da cui è così oggettivamente distante da ignorarne perfino il nome corretto (il fatto che lo ignorino anche chez Einaudi fa meno impressione, dato che l’incuria dell’edizione è tale da lasciare intatti strafalcioni tipo “breafing” in luogo di “briefing”). Buffo, dicevamo, ma al tempo stesso illuminante, poiché sintetizza in maniera impeccabile la greve superficialità di un’operazione che con la poesia non c’entra assolutamente niente, avendo il solo scopo di consentire a un narratore affermato il capriccio di una vacanza in terra poetica, e al suo spregiudicato editore di far cassa pubblicando senza troppi scrupoli qualunque cosa abbia in copertina un nome “che vende”.
E qui torniamo al discorso già fatto a proposito di quei narratori che, forti di un improvviso successo, decidono di passarsi qualche sfizio lungamente covato, a cominciare appunto da quello – evidentemente irresistibile – di cimentarsi con la poesia. Narratori di ogni tipo, si diceva, dai meramente presunti, come Michel Houellebecq, agli effettivi, come Mark Haddon. Tutti però accomunati dalla sorte infelice delle loro escursioni nella lirica, i versi degli uni facendo schifo quanto quelli degli altri.
Con in più, nel caso di Fois, l’aggravante di camuffare da atto d’ossequio la propria fregola versificatoria, spacciando per umili inchini da discepolo le scempiaggini attribuite agli inermi e incolpevoli maestri. Come quando addossa al grande e dolente Delfini vapide freddure del tipo: “Da queste parti se metti a fuoco il tuo problema sei | piromane di te stesso.” Senza neanche avere il pudore di sbagliarne il cognome.
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Fa brutti versi
Fois e se ne vergogna –
li finge omaggi.
Articolo di Sergio Claudio Perroni del 12 dicembre 2006 per Poetastri.com