Riuscirà Maurizio Costanzo a dimostrare che il vate Ugo Straniero vive di vita propria?

“Come sei triste | ahi ahi | all’imbarcadero. | Per te racconto | di quel gran mistero | del gatto nero | ahi ahi | il gatto nero all’imbarcadero. | Per tua tranquillità | da artista ad impiegato | in un ministero | ahi ahi | il ministero dell’imbarcadero | Ahi ahi | te ed io lungo il sentiero | che porta | all’imbarcadero.”
Colpo di sole? No: Ugo Straniero. O meglio: una delle recenti liriche firmate Ugo Straniero apparse nella rubrica di Maurizio Costanzo sul settimanale Chi.
(Riassunto delle precedenti puntate. A giudizio di chi scrive, e a giudicare da come scrive, il fu Ugo Straniero – ipotizzato poeta degli anni Sessanta – non è mai esistito: è solo una trovata di M.C. per poter inviare pubblicamente ma senza pericolo messaggi galanti a una musa anonima e capricciosa. Trovando la cosa alquanto buffa, chi scrive si affretta a scriverne. M.C., vedendo scoperto il bluff, anziché arrendersi cerca di suffragare l’esistenza artistica della sua grottesca creatura. Ovviamente non dispone di prove concrete, sicché affastella un’excusatio-non-petita dopo l’altra: “le sue due uniche pubblicazioni, tirate in un numero esiguo di copie, sono introvabili e persino nelle biblioteche importanti non ve n’è traccia”, “erano anni quelli dove un poeta che come protettore aveva soltanto il talento non poteva aspirare alla posterità”. Traduzione per chi si fosse smarrito insieme a sintassi e punteggiatura: Montale e Pasolini sono passati alla storia in quanto raccomandati, mentre l’autore dell’immarcescibile “In un giorno di calura, | laggiù oltre le mura | dietro un campo di verdura | andai fuori misura | con tanto di frattura | per non dir della figura” era destinato a un iniquo anonimato per colpa del suo straordinario talento poetico. Non pago di cotanto sproposito, M.C. se la prende con chi scrive: oltre a dargli chissà perché del “collocatore di serate”, lo accusa di ignoranza per non aver capito una cosa invero assai confusa, ossia che solo per una “somma di impossibilità” i suddetti versi di Straniero non avrebbero trovato legittima collocazione – reatroattiva? – addirittura nel Futurismo).
Ma torniamo all’imbarcadero. Il personaggio più affascinante di questa gustosa carnevalata è in realtà Niccolò Straniero, l’asserito figlio del preteso poeta. Sarebbe lui a recapitare a Costanzo i cascami poetici del padre, scovati “in bauli o scaffali polverosi” e “persino in una quasi inagibile soffitta”; solo che, forse per il disagio di abitare in siffatta topaia, il benedetto figliolo non riesce mai a scovarli tutti in una volta. Perciò a Costanzo li consegna col contagocce, in comode rate che, guarda caso, coincidono con la cadenza settimanale della rubrica e – cosa ancor più singolare – con gli argomenti da lui affrontati di volta in volta.
Mettiamo: Costanzo racconta d’esser finito in ospedale per un suggestivo “esubero di sovrappeso”? Zac: il rabdomantico Nicolò si inabissa nel lerciume e riemerge brandendo un pugno di versi che descrivono con preziosi accenti Bibì & Bibò un acciacco di cuore con cui suggellar di metafora il racconto: “Quando soffro per amore | corro lesto dal dottore. | Ho imparato la lezione: un malanno ad emozione | andata male.”
Ancora: si parla di amori estivi, di amene località balneari? Ecco Niccolò cavare prontamente dal forziere l’alato poema di “te e io” all’imbarcadero. Sembra quasi che il fu Ugo Straniero, profetico come ogni vate, abbia composto e nascosto i propri capolavori prevedendo esattamente tempi e temi della loro riscossa poetica.
Vien voglia di azzardare un pronostico di scoperte a venire. In coincidenza con il rientro dalle vacanze, per esempio, Niccolò potrebbe rifilare a Costanzo un Ugo Straniero della maturità: “Sono in fila qui al casello | quando scopro sul più bello | di aver perso il mio secchiello. | Che terribile disdetta! | Per fortuna benedetta | m’è rimasta la paletta.” In vista del Natale, invece, ci aspetteremmo qualche toccante variazione su un tema caro a Enzo Biagi: “Del riscaldamento la prima rata | va senza indugio pagata, | anche se da quando te ne sei andata | (leggi: non me l’hai più data) | la mia vita è congelata.” Per l’Epifania, niente. Solo la speranza che Straniero se lo porti via.

(fine II puntata)

Articolo di Sergio Claudio Perroni da Il Foglio del 21 agosto 2004

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