Eh, cosa non si fa pur di raccattare un po’ d’attenzione! C’è persino chi sbatte in copertina del proprio libro di poesie la foto d’una signorina ignuda che, forte di bacino e folta di pelo, si agita a mo’ di menade ebbra. Come a dire: poeta sì, però hard!
D’altronde: la collana dell’editore ES in cui svetta tale gemma non si chiama forse “Biblioteca dell’eros”? E il trafiletto con cui Magazine presenta la suddetta copertina e l’annessa raccolta poetica di Sebastiano Grasso (che nei giorni feriali fa il critico d’arte per il Corriere) non ne parla forse come d’un“travolgente diario erotico”? E le ultime due raccolte di Grasso non si intitolavano forse, in un crescendo di raffinata allusività, Il tuo pube nero befferà la morte e Sul monte di Venere? Ovvio, allora, aspettarsi da quest’altra sua fatica un titolo quantomeno in tema – chessò, qualcosa tipo “Il vento nella topa” – e i fasti d’involontaria comicità delle precedenti.
E invece no: aspettative deluse. Stavolta Grasso opta per un titolo di basso profilo – La preghiera di una vergine – e ridimensiona drasticamente il proprio già angusto orizzonte tematico, passando dal sesso sbandierato di chi l’ha scoperto da poco a quello lagnoso di chi è tornato a farne poco.
Certo, la sordità poetica c’è ancora tutta, così come la smania povincialotta del citare alto. Però mancano i dialoghi da fotoromanzo e le descrizioni da anatomista sotto LSD che infestavano Pube e Monte e costituivano i tratti più spassosi di questo poeta della domenica (vulve che danno “segni d’impazienza”, inarcarsi di “ciglia”, fianchi che “girano su se stessi”…). E se qualche traccia di tale arsenale comico ancora permane (“…il tuo corpo s’allarga, adagiata sulla schiena: | «Sono pronta se mi vuoi, ma senza desiderio»“), è così rara da sembrare una svista; un po’ come le tavole di George Baselitz a corredo del testo, che appaiono un po’ meno brutte grazie al geniale espediente di stamparle a testa in giù.
Un’inversione di rotta, questa di Grasso, che taluni suoi beffardi e attentissimi esegeti (gli stessi che poi lo recensiscono con grandi lusinghe per non inimicarselo) attribuiscono a un possibile esaurirsi della liaison con la giovanotta irsuta– il che spiegherebbe i balzi di gioia che le vediamo fare in copertina – e portano a riprova stralci effettivamente convincenti, perlopiù imperniati sugli accenti di machismo viagrato con cui l’autore declina compulsivamente il tema “prendere” (“Dalle tue labbra | nessun segno di piacere mentre ti prendo”, “Ti sento distante: ti prendo per distruggerti”, “C’è il mare, mentre guardi il soffitto | ed io ti prendo con rabbia e furore”).
Per fortuna, l’inspiegabilmente vanitoso Grasso non riesce comunque a rinunciare al suo penchant per l’autocelebrazione; e così, in chiusura di volume, regala al lettore un po’ di sano spasso con un album di fotografie pomposamente intitolato “Appendice iconografica”, la cui sovrana pacchianeria la dice lunga anche sul suo sentire estetico. Qui, insieme a quelle private (“La madre di S. G., marchesa Giuseppina Camardi Polizzi, in una fotografia del 1947, anno di nascita del poeta”, “S. G. a quattro anni, 1951”, “Con il figlio Paolo, davanti alla sede del Corriere della Sera in via Solferino, 1981”, e altre di pari rilevanza ermeneutica), l’autore sciorina a mo’ di tramezzo d’osteria una serie di foto in cui si ostenta a ridosso di distratte vedettes della cultura mondiale. La più emblematica lo ritrae in concorso esterno con Vargas Llosa, Brodskij, Evelina Schatz e Maria Sozzani: più che una foto pare un’allegoria dell’intrusività paolinesca, con lui che, spietatamente ignorato dai quattro, intenti a conversare fra loro, intercetta l’obiettivo col sorriso gongolante di chi già vede su quale parete di tinello appenderà cotanto attestato di appartenenza al milieu intellettuale.
Ci sia pertanto concessa una preghiera, da aggiungere a quella della vergine eponima. Giovanotta dal vasto bacino, sia buona e se lo ripigli. Altrimenti chi lo regge più?
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Roso d’amore,
più non fa ridere.
Grasso che sòla
Articolo di Sergio Claudio Perroni da Il Foglio del 26 ottobre 2004