Vincere coi versi di un Orengo qualsiasi la prestigiosa trappola Poeti Italiani Contemporanei

Sarà la quarta o la quinta volta, che si imbatte in quella strana pubblicità sulla prima pagina di Repubblica. “90 opere di poesia”, vi si proclama cubitalmente, “per la pubblicazione nel 2003”. Ennesimo concorso letterario? Forse, ma non è detto. “Le raccolte inedite, composte da un minimo di 30 poesie ad un massimo di 40, devono pervenire a questa Casa Editrice in stesura definitiva non suscettibile di variazione, in unica copia chiaramente dattiloscritta o stampata al computer”. Il tono perentorio e la propensione al pleonasmo sanno di concorso, però non si accenna né a bandi né a giurie. “Agli Autori che otterranno parere favorevole sarà inviata direttamente una vantaggiosa proposta di pubblicazione che prevede l’inserimento in singoli volumi individuali nella prestigiosa collana Poeti Italiani Contemporanei”.
Benché il testo ormai lo conosca quasi a memoria, è sempre affascinato dal perfetto stile televendita con cui l’inserzionista attesta la vantaggiosità della propria proposta e la prestigiosità della propria collana. Ma il tocco di classe è la parentesi intimidatoria associata al giorno “entro e non oltre” il quale spedire i lavori: “(fa fede la data del timbro postale)” – un tocco di pedanteria notarile in cui per la prima volta riconosce il condizionamento subliminale tipico delle trappole per gonzi. Sicché decide di abboccare.
Non essendo poeta, né tendendo a esserlo, sceglie trenta poesie di un Orengo qualsiasi, roba facile da rifilare come parto di esordiente, e, dopo averle “chiaramente dattiloscritte”, le spedisce all’indirizzo indicato.Passati dieci giorni, riceve una lettera con cui l’editore lo ringrazia d’aver partecipato all’iniziativa, lo invita a pazientare fino al giorno del responso, e, forse per aiutarlo a tener duro fino ad allora, gli fa omaggio di un volumetto di versi.
L’autore è tal Salvatore Fava, che il risvolto afferma insignito di “medaglia d’argento del Presidente della Repubblica per il suo impegno culturale”, e che verseggia così: “Occhi rimirati nel sogno di zaffiro | straripava la pupilla in un incedere d’anni | se intuivo un eco [sic] di passi sul selciato | tu non ricordi ma ci dicevamo parole || (…) sul ciglio ti moriva una lacrima | bianca come un giglio.”
Al volumetto si accompagna una “brochure informativa”, dove, in un gorgo di punteggiatura creativa e mancamenti sintattici, figurano collane di pubblicazioni e rispettive caratteristiche. La “Collana blu”, per esempio, “ospita autori di indiscusso valore letterario di statura internazionale, tutti riconducibili, al genere ‘blu’” – fra i quali un Joseph “Conrand” probabile traslocatore di bastimenti.
È dunque con grande trepidazione, che quindici giorni dopo riceve e apre la fatidica busta. Ed è con vibrante benché illecita soddisfazione, che scopre le “sue” poesie aver suscitato apprezzamento per “le originali modalità espressive capaci di comunicare sentimenti e sensazioni” e perciò ottenuto “parere favorevole alla pubblicazione” da quella che, poco oltre, si incorona “più importante casa editrice nel campo della nuova poesia contemporanea” nonché “unica alternativa possibile per entrare nel difficile settore della nuova poesia contemporanea”.
Nella busta c’è anche un contratto d’edizione, in doppia copia e debitamente firmato dall’editore – che, guarda caso, si chiama anche lui Salvatore Fava. Il contratto è a norma, con le voci minuziosamente spiegate tramite apposito opuscolo; peccato però non sia affatto ciò che sostiene d’essere, ossia “in assoluto il più vantaggioso contratto oggi esistente in Italia per quanto riguarda i nuovi autori”. Per l’autore, infatti, anziché un compenso, come qualsiasi vero contratto editoriale, prevede un esborso: duemila euro, per acquisto coatto di duecento copie del libro.
Prima di definire la pratica, dà una scorsa al catalogo delle “Novità Editoriali”, giusto per vedere quali siano gli “importanti nomi della cultura italiana” millantati dall’editore. A parte un Diego Cimarra asserito caposervizio cultura del TG1, trova solo un mare di Carneade, più vari testi a firma Salvatore Fava. Uno dei quali si intitola “Editoria & poesia, tra mistificazione e realtà”. Parola di esperto.

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Articolo di Sergio Claudio Perroni da Il Foglio del 19 luglio 2003

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