Sono scorie di San Valentino. Due libri di poesie, rigorosamente con la parola “amore” in copertina. Dono di due pretendenti che la temono intellettuale non essendolo, che la sperano romantica fraintendendo. L’amante in carica, invece, che la sa ghiotta di cinema dei telefonini bianchi, si è limitato a portarla a vedere l’ultimo Muccino.
Adesso è venuta ai giardinetti per abbandonare i due libri su una panchina. In trentott’anni di vita e trenta di letture non è mai riuscita a buttar via un solo libro, neanche il più inutile, neanche i Biagi e i Vespa che la segretaria si accanisce a regalarle per Natale; ma ora ha un sistema per farcela senza sensi di colpa: il book crossing. È una fregnaccia molto in voga, a metà fra caccia al tesoro e beneficenza via SMS: consiste nel mollare un libro da qualche parte, segnalarne le coordinate a un apposito sito Internet affinché altri possano recuperarlo, e sentirsi l’anima in pace per aver dato il proprio contributo a “far viaggiare i libri”.
Del primo, un’antologia di Neruda, le è bastato il titolo: Tu, piccolo infinito. A casa ha tutto Neruda, e sa che quel titolo è un meschino arbitrio dell’editore, perpetrato rimaneggiando l’incanto di “Bacio a bacio percorro | il tuo piccolo infinito | i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi villaggi minuscoli, | e il fuoco genitale trasformato in delizia | corre per i sottili sentieri del sangue | fino a precipitarsi come un garofano notturno, | fino a essere e non essere che un lampo nell'ombra”.
Meno meschino, ma altrettanto arbitrio, il sottotitolo in simil-prévert: “poesie per giovani innamorati” – ovviamente coniato per allocchi da 14 febbraio (escludendo chissà perché i non più giovani e i non ancora innamorati). Manca solo la dicitura “a soli…” davanti al prezzo, come negli anni Sessanta per il moplèn e oggi per la cultura di complemento a quotidiani e riviste: a quel punto l’avvilente riduzione da grande poeta a specchietto per allodole in fregola sarebbe completa. Ma la chicca, sempre in copertina, sempre del libro di Neruda, è l’avvertenza “con un pensiero di Daniele Silvestri”. Non ha idea di chi sia costui: di sicuro qualcuno che, insieme al geniale editore Salani, ritiene il termine “prefazione” più impegnativo di “pensiero”; quindi talmente a corto di pensiero da potersene permettere, appunto, soltanto “un”.
Del secondo libro, Cento poesie d’amore, del siriano Adonis, le è stata fatale l’introduzione di Giuseppe Conte, che conosce e stima, e che quindi le era parso avallo sufficiente.
“Immagino il mio amore come significato e forma | del significato: unità della rivelazione | e dell’occultamento nell’oggetto (…) Assenza | che si addentra nelle soglie della presenza…” Altroché poesia: sembra prosa, un Vattimo con gli a capo appena più scapigliati. “Se il nostro amore fosse un dio o fosse un gioco e un caso | niente all’infuori di esso potrebbe dare ombra ai nostri aridi giorni. | Così ne celebriamo | i doni e con le sue brocche | scriviamo la storia delle nostre membra.”
A parte l’astrusità generale, arrivata alle brocche si è chiesta con che tipo di brocca, sia pur poetica, si possa mai scrivere una storia, sia pur di membra. Poi, ignorato sempre in virtù di Conte l’immancabile parallelo fra parte anatomica femminile e anemoni e/o ninfee (“Quello è il suo ombelico? Una gaia ninfea | che su un lago di fiori …”), ha ritentato: “Successe d’estate. Dicesti: «La farfalla | è il colore della farfalla» non concludesti. Ti girasti verso di me, | fissandomi. (…) Incontrammo uno scarafaggio. Sussurrammo: «Questa | è una lingua celeste dalla cui oscurità discende Nefertiti», | dicemmo: «Quanto amiamo Sheherazade». | Successe d’estate, quando ci separammo.” Anche qui prosa, però più sul genere De Carlo ancora in fase mistico-vaneggiante. Perfetta da “far viaggiare”.
Ecco fatto. Nel raggiungere l’uscita solcando nugoli di pargoli schiamazzanti, si chiede quante loro madri approfitterebbero di un eventuale children crossing, magari lanciato parafrasando la formula di Pennac per il b. c.: “Se un libro non vi è piaciuto, abbandonatelo. Se vi è piaciuto, abbandonatelo per farlo godere a qualcun altro. Se vi è piaciuto così tanto, ricompratelo.”
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Un'o diventa virgola
e Neruda Baglioni –
editori da legare.
Articolo di Sergio Claudio Perroni da Il Foglio del 1 marzo 2003